Il distanziamento sociale imposto nel periodo pandemico ha prodotto un aumento esponenziale dell’uso dei dispositivi elettronici (le psicotecnologie). Per quanto fosse un processo già in atto a causa della globalizzazione, il lockdown ne ha causato un’accelerazione senza precedenti. Evidenti le conseguenze sulla salute mentale, tanto che si può affermare che accanto alla pandemia da Coronavirus si è verificata “un’epidemia della salute mentale”: emerge dunque la necessità di una valutazione della cosiddetta “Internet Addiction” come misura “globale” di tali effetti.
Con il lockdown di marzo 2020 si sono susseguiti una serie di studi: primo fra tutti quello cinese[i], attraverso un sondaggio trasversale, anonimo e auto-riferito, che ha coinvolto bambini ed adolescenti di età compresa tra 6 e 18 anni, è stato evidenziato un importante aumento di utilizzo di Internet e la conseguente relazione con l’aumento di altri fenomeni psicopatologici.
Stesso risultato è stato riscontrato in uno studio condotto in Messico[ii], nel quale si è dimostrato inoltre che la paura dell’infezione da SARS-CoV-2 ha portato ad una sovraesposizione alla disinformazione a rapida diffusione (infodemia), a cui sono associati ansia e depressione.
Da uno studio italiano[iii], infine, effettuato con un questionario online somministrato a 454 studenti, è emerso l’aumento dei suddetti disturbi in correlazione con l’Internet Addiction.
Si può, dunque, facilmente affermare la presenza di una tendenziale correlazione tra uso di Internet durante la pandemia e i corrispondenti comportamenti di dipendenza in varie popolazioni del mondo: siamo di fronte ad una pericolosa propensione planetaria, che attende di essere studiata in maniera sistematica.
Televisione, computer, internet, smartphone, nonché tutti i tipi di giochi elettronici sono definiti Psicotecnologie in quanto vere e proprie tecnologie della psiche, capaci di influenzare la mente umana in modo molto sottile. Entrano infatti in forte affinità con la realtà mentale e con i processi psichici, svolgendo una particolare funzione di estensione del pensiero e di altre importanti facoltà umane come il linguaggio, la comunicazione, l’intelligenza, le emozioni ecc.
Le psicotecnologie dunque modificano gli stati di coscienza e, alterando le percezioni sensoriali e le facoltà della mente, nonché amplificando i vissuti emotivi ed affettivi, arrivano a funzionare come estensioni del Sé. L’immersione totale fa vivere in un torpore che impedisce il ragionamento, la riflessione e l’intera abilità cognitiva.
Si parla di dipendenza digitale in seguito all’esposizione massiva e passiva dei media, quando la maggior parte del tempo e delle energie vengono impiegati nell’utilizzo smanioso di questi dispositivi elettronici, causando problematiche forti e disfunzionali nelle principali e fondamentali aree esistenziali: quella personale (incapacità di concentrarsi, conoscersi e riflettere, provocando l’aumento di stati di ansia, noia e depressione), relazionale (asocialità ed analfabetismo emotivo), scolastica, familiare, affettiva.
Le caratteristiche allarmanti sono 4, ed accomunano ogni tipo di dipendenza:
- Craving (brama): desidero irrefrenabile per la mera ricerca di piacere o per allontanare stati disforici (noia, ansia, depressione, ecc.). Aumentano inconsapevolmente i ritmi di uso ed abuso, compaiono i primi sintomi da “sindrome da astinenza”.
- Perdita di controllo: incapacità di controllare l’impulso (lack of control). Nell’animo di coloro che sono addicted (dipendenti) si scatenano violente battaglie sino ad arrivare alla soglia della dissociazione (una forma di schizofrenia esistenziale).
- Sintomi di astinenza: presenti tutti i sintomi tipici della crisi d’astinenza (in questo caso da sostanze endorfine e dopamine) quali irritabilità, aggressività, ansietà, insonnia, sudorazione, tremori ecc.
- Tolleranza: inizia una reazione psico-fisica che impone l’aumento delle dosi dell’oggetto della dipendenza o del comportamento assunto, andamento altalenante ed assenza di continuità.
La ricerca neurobiologica ha individuato che i circuiti neuronali implicati nel processo di craving, vengono attivati non solo in presenza di una sostanza abusata, ma anche da stimoli precedentemente neutri che acquisiscono una significatività oggettiva per il soggetto: si diventa dipendenti, dunque, anche quando il cervello è continuamente sottoposto a stimoli positivi (piacere e divertimento reale o virtuale). La ripetizione continua di questo processo, crea una “memoria” cerebrale legata a quello stato di piacere e benessere, tanto che la persona sarà spinta a ricercare sempre più spesso quella sensazione attraverso l’unico comportamento che è in grado di provocarla.
Come aiutare i ragazzi che inevitabilmente negli ultimi mesi si sono trovati ad avere ogni tipo di psicotecnologia come unico passatempo?
La generica Internet Addiction, spesso associata alla frequentazione ininterrotta di Social Network e chat, non è facile da descrivere né da individuare, ma ogni genitore deve presidiare il territorio avvantaggiando le relazioni reali ed accorgendosi quando il proprio figlio sta esagerando.
Il primo campanello d’allarme è il disturbo del sonno, la difficoltà a disconnettersi in tarda serata, e lo spostamento dell’ora di andare a letto: oggi un adolescente spegne la luce circa un’ora e mezza dopo rispetto alle scorse generazioni (dallo studio dello psichiatra Gangwisch, rivista Scientific Sleep).
Occorre quindi che i genitori osservino maggiormente le modalità di approccio e la frequenza di utilizzo dei dispositivi. Una volta accortisi dell’anomalia, potranno incentivare i figli alle relazioni reali attraverso l’organizzazione di eventi in presenza, attività sportive o ludiche o quant’altro possibile sul territorio, senza dimenticare il più forte vettore di insegnamento: l’esempio in prima persona.
[i] Dong H., Yang F., Lu X., Hao W, (2020), “Internet addiction and related psychological factors among children and adolescents in China during the coronavirus disease 2019 (COVID-19) epidemic”, Frontiers in Psychiatry, frontiersin.org
[ii] Garcia-Priego B. A., Triana-Romero A., Pinto-Galvez S.M. et al. (2020), “Anxiety, depression, attitudes, and internet addiction during the initial phase of the 2019 coronavirus disease (COVID-19) epidemic: A cross-sectional study in Mexico”, MedRxiv, medrxiv.org
[iii] Servidio R. , Bartolo M. G. , Palermiti A. et al. (2021), “Fear of COVID-19, depression, anxiety, and their association with Internet addiction risk in a sample of Italian students”, Journal of Affective Desorder, Elsevier.
Concordo con l’eccellente analisi che è stata fatta in questo articolo. La tecnologia ha ridotto la capacità cognitiva delle persone e si è verificato un paradosso : l’uomo è al servizio della tecnologia e non il contrario. Mi spiego meglio, la pandemia ha creato una dipendenza tecnologica, in particolare attraverso i social. Le persone, costrette all’isolamento per mesi, hanno individuato nello smartphone un pertugio, dal quale vedere il mondo. Una mera illusione, ma pur sempre l’unico mezzo per sentire una voce, o una immagine. Ne è scaturita una sorta di dipendenza, che ha ridotto la memoria e rafforzato la paura. Pensiamo alla Dad, uno strumento infernale, specie per i più giovani, ai quali è stato tolto un anno di vita. I bambini non hanno vissuto da bambini, un ossimoro ? No, una triste realtà, ho sentito molti giovanissimi chiedere alle loro mamme ” Quanto potrò tornare a scuola e rivedere i miei compagni e le mie compagne di classe? ” . Domande alle quali è difficile rispondere, anche per una madre. Nella mia esistenza ho compreso che l’adolescenza rappresenta un momento focale della nostra vita. Io stesso conservo ricordi bellissimi e indelebili della mia gioventù, e ho provato pena e dolore a vedere le scuole chiuse, i giovani segregati a casa, a fare lezione attraverso un computer. Uno schermo, privo di anima.
Loris Mauro
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